E’ stato approvato all’unanimità dal Parlamento giovedì 26 ottobre il riordino degli usi civici (proposta legge n. 4522) che interessa quasi il 10% del territorio agrario italiano, 1.65 milioni circa di ettari fra superfici a uso agro-silvo-pastorale e boschi impiegati da entità locali a prevalenza pubbliche proprietà collettive, comunanze, università agrarie-.

Il riordino delle norme in materia di domini collettivi, poco chiare fino a oggi su competenze e facoltà spettanti ai singoli enti, dovrebbe riconoscere sui terreni il vincolo paesaggistico e i beni che ne rappresentano il patrimonio civico come inalienabili, indivisibili, inusucapibili e a perpetua destinazione agro-silvo-pastorale”, e dovrebbe alresì incentivare opere di manutenzione e conferire priorità ai “giovani agricoltori”.

Tre articoli compongono la proposta di legge sugli usi civici. Il primo contiene il riconoscimento da parte della Repubblica dei domini collettivi come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie”, ossia soggetti alla Costituzione, dotati di capacità di autonormazione e gestione del patrimonio e caratterizzati dall’esistenza di una collettività i cui membri hanno in proprietà terreni ed esercitano insieme diritti di godimento individuale o collettivo; sottolinea inoltre gli enti delle collettività titolari dei diritti di uso civico e della proprietà collettiva abbiano personalità giuridica di diritto privato e autonomia statutaria.

Il secondo articolo menziona la competenza dello Stato e dispone che la Repubblica valorizzi i beni collettivi di godimento in quanto a) elementi fondamentali per lo sviluppo delle collettività locali; b) strumenti per la tutela del patrimonio ambientale nazionale; c) componenti stabili del sistema ambientale; d) basi territoriali di istituzioni storiche di salvaguardia del patrimonio culturale e naturale; e) strutture eco-paesistiche del paesaggio agro-silvo-pastorale nazionale; f) fonte di risorse rinnovabili da valorizzare e utilizzare a beneficio delle collettività locali degli aventi diritto. La Repubblica tutela i diritti di uso e gestione dei beni di collettivo godimento preesistenti allo Stato italiano, così come le comunioni familiari stanziate nei territori montani continuano ad amministrare i loro beni secondo loro statuti e consuetudini.

Il terzo articolo, infine, elenca quali siano i beni collettivi che costituiscono il patrimonio civico, così schematizzabili:
a) terre di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni od associazioni agrarie comunque denominate

b) terre con costruzioni di pertinenza assegnate in proprietà collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di soggetti pubblici e privati
c) terre derivanti da scioglimento delle promiscuità e di associazioni agrarie; da operazioni e provvedimenti di liquidazione o da estinzione di usi civici; da permuta o da donazione
d) terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, su cui i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati
e) terre collettive appartenenti a famiglie discendenti dagli antichi originari del luogo
f) corpi idrici su cui i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici.